domenica 19 febbraio 2017

E-LEARNING E DIGITAL DIVIDE

Rispetto all'e-learning, con digital divide (divario digitale) si intende quell'insieme di differenze nell'utilizzo dell'e-leaming tra diversi segmenti di una popolazione.

Esistono molteplici tipologie di divario, tra cui: di accesso (connessi alla Rete/non connessi), generazionale (giovani/meno giovani), di genere (uomini/donne), di livello di disabilità (disabili/abili), di competenze tecniche (maggiormente competenti/meno competenti), di competenze linguistiche (conoscenza dell'inglese/non conoscenza), di status socioeconomico (ricchi/poveri) di livello educativo (scolarizzati/non scolarizzati), di razza (bianco/non bianco) di collocazione geografica (città/campagna), di livello di sviluppo del Paese in cui si vive (nord/sud del mondo).

A eccezione del divario di genere, in tutti i casi elencati più che una dicotomia tra avere una proprieta o non averla (per esempio essere scolarizzati o non esserlo) si tratta di un continuum di possibilita (per esempio possedere la licenza mempor dia piuttosto che quella superiore).

Non fa eccezione la possibilità di accesso, dal momento che esistono differenti velocita a cui ci si puo connettere alla Rete (per es.

a banda larga o attraverso modem) con differenze rilevanti rispetto a quali applicativi si è in grado di utilizzare.
 
Se non lo si pone esplicitamente come priorità e prerogativa della propria attività, è facile dimenticarsi del digital divide, supponendo che l'e-learning vada bene per tutti e sia un'opportunità a disposizione di tutti.

La diffusione di Internet nel mondo è uno specchio dei rapporti di potere esistenti.

Seppure si acceda sempre di più a Internet anche nei paesi in via di sviluppo asiatici, i dati più recenti dimostrano che circa la metà degli accessi alla Rete avviene dalla sola Europa e Nord America (insieme raccolgono un decimo della popolazione mondiale), senza contare che questi accessi sono associati a navigazioni notevolmente più prolungate e più ricche.


  
                  

PERCHE' NON GIUDICARE?!


Uno degli equivoci più frequenti, quando si parla di accettazione non giudicante, è la confusione fra accettazione della persona e approvazione dei suoi comportamenti. Secondo Rogers, il docente deve manifestare una considerazione positiva incondizionata nei confronti degli allievi. Rogers distingueva fra accettazione non giudicante e approvazione. Per accettare si intende: saper ascoltare il punto di vista altrui senza bloccarlo con critiche e con un giudizio.
Nella prospettiva del didattico si tende a identificare volontariamente la persona e i suoi comportamenti. Questo sistema valutativo può far si che la persona continuamente giudicata separerà lo sviluppo dell'immagine di sé dalle proprie risorse e dalle abilità. Le persone educate sotto un forte riconoscimento incondizionato tendono ad avere una scarsa autostima, si comportano in maniera sempre più difensiva, allontanandosi dagli altri.
Il contrario accade quando vi è un'accettazione incondizionata da parte degli altri. Vi è lo sviluppo di una buona autostima, fondata sulla fiducia.



DIALOGO EDUCATIVO

Si tratta di un movimento dialettico nato da un'analisi alimentata dallo scontro di idee contrapposte, attraverso il confronto di 2 universi conoscitivi. Il carattere asimmetrico del dialogo educativo è inerente alla situazione, per tanto l'assimetricità assume talvolta proporzionali tali al dialogo, vale a dire l'incontro dei soggetti che comunicano, che ascoltano e sanno intervenire al momento opportuno, non è più possibile.
In sintesi, la patologia del dialogo asimmetrico può essere ricondotta a 2 schemi: 
-O La funzione e lo scopo sono assunti in modo scorretto.
-Oppure si scambia il mezzo con il fine, l'interlocutore è assorbito dal ruolo che svolge e non è più in grado di arrivare ad assumere l'ultimo atto.
Nel dialogo, l'educatore deve concentrare la sua attenzione sul bambino o l'adolescente, accettando gli obblighi della sua posizione.


                       

domenica 5 febbraio 2017

LA PERCEZIONE VISIVA E GLI SCHEMI GESTALTICI


La Gestalt (Gestaltpsychologie, la psicologia della forma) ha dimostrato che la percezione sensoriale, in modo particolare quella visiva, svolge un ruolo creativo: non registra passivamente i dati della realtà "così come sono",ma è attiva, classifica e interpreta le sensazioni.
La Gestalt, e in primo luogo Max Wertheimer, hanno individuato i principi di raggruppamento degli oggetti.
Si tratta di schemi innati che collegano e organizzano i dati che riceviamo attraverso l'organo della vista. I principi più importanti sono i seguenti:

VICINANZA: Siamo portati a raggruppare oggetti vicini tra loro.

SOMIGLIANZA: In questo caso raggruppiamo oggetti fra loro simili.
CONTINUITA': Tendiamo a raggruppare gli oggetti che possono essere visti l'uno come continuazione dell'altro.
CHIUSURA: Siamo portati a raggruppare gli elementi in modo che formino una figura chiusa, quindi tendiamo a completare le parti mancanti di una figura.

PREGNANZA: Raggruppiamo gli elementi che possono costituire una figura semplice, regolare e simmetrica.

BUONA FORMA: Raggruppiamo gli elementi per ottenere la figura più semplice.

ESPERIENZA PASSATA: Raggruppiamo gli elementi associati alla nostra esperienza passata.

LA TEORIA SISTEMICA

Secondo la psicologia sistemica, tutto è comunicazione e il mondo psichico è un sistema.
Secondo Paul Watzlawick per spiegare un singolo fenomeno occorre prendere in considerazione tutto il suo contesto.

La teoria sistemica fornisce alcune indicazioni all'educatore:
- L'educatore nel contesto della classe, deve favorire la riorganizzazione interna ogni volta che un nuovo elemento turba l'equilibrio precedente.
- Nel gruppo egli deve individuare le persone-chiave, il cui mutamento di atteggiamento rende possibile il mutamento collettivo. (leadership https://www.youtube.com/watch?v=xKsVWJYfLys)
- Tiene sotto controllo l'ansia o stimola l'attenzione quando si presenta un problema o viene assegnato un compito: un'ansia eccessiva, infatti, può spingere alla fuga di fronte al compito da affrontare, mentre un livello troppo basso di ansia determina una bassa motivazione.

Ogni volta che un problema viene risolto, si crea un nuovo tipo di stabilità dinamica.

LA TEORIA UMANISTICA

La psicologia umanistica prese avvio soprattutto tramite l'opera di Carl Rogers che, nel 1951, con la pubblicazione del libro "La terapia centrata sul cliente, ne illustrò i fondamenti teorico/pratici: la malattia mentale nelle sue varie forme altro non sarebbe che una distorsione dello sforzo che l'individuo compie per attuare le proprie potenzialità. 
Il metodo suggerito da Rogers è la Terapia non direttiva, e, nel tenere sempre conto delle tendenze vitali dell'individuo, si limita a creare nel paziente le condizioni necessarie a favorirne la crescita. Il terapeuta non mostra al cliente il proprio punto di vista, ma assume il punto di vista del cliente che in questo modo si sente meglio compreso e apprezzato e lascia quindi emergere pensieri o sensazioni più profonde che prima temeva di portare a livello cosciente e verbalizzare.
L'approccio con il paziente, chiamato cliente per sottolinearne il potere personale di scelta che viene restituito alla persona, deve quindi essere basato su 3 elementi:
  • Congruenza: Può essere definita come una sorta di genuinità e onestà del terapeuta. Egli si mostra per quello che è, senza nascondersi dietro il proprio ruolo o le regole del setting. Questo non significa non avere filtri ed essere completamente sinceri, bensì non mentire e non dissimulare, in primis a se stessi, i propri sentimenti.
  • Empatia: il terapeuta entra in sintonia con il cliente, ne comprende i sentimenti e i pensieri e li prova "come se" fossero i propri. Il terapeuta restituisce la propria percezione al cliente e lo aiuta a diventare più consapevole dei propri stati d'animo.
  • Accettazione positiva incondizionata: Il terapeuta accetta, anche se non approva, il punto di vista del cliente. Viene data dignità alla verità del cliente, anche se questa può sembrare molto distante dalla realtà o dai valori del terapeuta, il quale si astiene da qualunque giudizio o valutazione. È a volte anche definita sospensione del giudizio.





LA TEORIA PSICOANALTICA DI FREUD 

La psicoanalisi (da psico-psicheanima, più comunemente "mente", e -analisi: analisi della mente) è la teoria dell'inconscio dell'animo umano.
Nell'indagine dell'attività umana essa si rivolge soprattutto a quei fenomeni psichici che risiedono al di fuori della sfera della coscienza.
In secondo luogo la psicoanalisi è una prassi psicoterapeutica. Nello specifico, come cura dei disturbi mentali e, all'origine, come cura dell'isteria e successivamente dei fenomeni psicopatologici chiamati nevrosi. In seguito, il suo uso è stato esteso allo studio e trattamento di altri tipi di psicopatologie.
La psicoanalisi nasce per curare determinati disturbi mentali indagando le dinamiche inconsce dell'individuo. Fino alla fine dell'Ottocento, tali disturbi venivano trattati da psichiatri e neurologi tramite ospedalizzazioni a scopo rieducativo o con l'utilizzo dell'ipnosi.
Sigmund Freud, neurologo e utilizzatore dell'ipnosi, ipotizzò che alla base dei disturbi mentali fosse riscontrabile un conflitto tra richieste psichiche contrarie. Nel corso delle sue successive formulazioni teoriche, Freud formulò tre ipotesi, una successiva all'altra, riguardo alla possibile genesi del conflitto
- Il conflitto tra principio di piacere e principio di realtà, cioè tra la necessità di soddisfare il "piacere" interno e il necessario confronto con il mondo reale
- Il conflitto tra pulsione sessuale e pulsione di autoconservazione (o dell'Io);
- Il conflitto tra pulsione di vita e pulsione di morte.